L’ambiente che ci circonda, sia quello naturale che quello antropizzato, influisce enormemente sul nostro stato d’animo. Prendendo in considerazione i soli ambienti naturali, la mente reagisce con emozioni diverse se percepisce intorno a se uno spazio aperto o uno chiuso. I deserti, le savane, le steppe e le tundre ove la mente può spaziare senza confini danno un senso di libertà. All’opposto gli ambienti chiusi come le caverne, le foreste e le selve danno un senso di oppressione, costrizione, asfissia.
La selva e la foresta sono popolate da animali feroci e piante velenose, richiamano alla mente una situazione da cui è difficile uscirne fisicamente ma anche psicologicamente. Nella foresta la luce e l’aria penetrano con difficoltà, il pericolo è sempre in agguato, non vi sono sentieri tracciati dall’uomo, percorsi segnati da seguire, non vi sono più certezze. Contrapposto alla foresta è il luogo aperto, irrorato dal sole, rassicurante perché è sempre possibile orientarsi e in qualche modo tenerlo sotto controllo anche se a volte può spaventare proprio per la totale mancanza di confini ben definiti.
Tra la selva e la savana si colloca il bosco, luogo intermedio, antropizzato, ove la luce e l’aria possono agire dandoci una sensazione di familiarità e protezione. Lo spazio non è sconfinato come nella savana e neppure oppressivo come nella foresta. Si respira un aria di serenità tranquillizzante.
La luce è l’origine della vita e il buio è l’anticamera della morte. Ogni elemento della natura suscita in noi delle sensazioni, delle emozioni che si incidono, passando prima attraverso il filtro della cultura, nella memoria. Ogni oggetto assume significati differenti a seconda del sistema di segni codificati dalla cultura d’appartenenza.
Il senso di collettività che si trovava nella società medioevale si contrappone fortemente al l’individualismo di quella contemporanea. Nel Medioevo ogni singolo era parte integrante di una comunità, ne condivideva valori e scelte culturali e si sentiva parte di un unico organismo che avrebbe dovuto garantirgli la sopravvivenza.
La religione, nel Medioevo, è stata il filtro che più ha regolato e caratterizzato ogni aspetto della vita sociale. La selva, in Dante, assume dunque una connotazione prettamente religiosa, rappresentando il ruolo della corruzione, il luogo ove la ragione viene smarrita e con essa ogni possibile felicità. La selva dantesca è dunque il labirinto della ragione, il luogo di perdizione, amaro, aspro, oscuro e selvaggio, simbolo del peccato in cui l’umanità si è persa a causa della mancanza di guide capaci sia temporali, sia spirituali.
La figura di Virgilio, poetico rappresentante della ragione, interviene per salvare Dante nelle minacce rappresentate dalle fiere feroci. Nella visione dantesca quindi si esce dalla selva unicamente grazie ad un intervento della provvidenza divina, che accompagna il credente in Dio.
A quei tempi il paesaggio naturale era ancora qualcosa di sconosciuto e misterioso e il viaggio era uno strumento per la conoscenza per mezzo del quale si produceva innovazione tecnologica.
In seguito la società comunale e borghese mostrerà una visione della vita diversa più aperta, maggiormente libera da condizionamenti di natura religiosa. La paura della punizione divina nella vita ultraterrena non è più determinante per le scelte di vita dell’uomo, ormai intenzionato a vivere pienamente le gioie terrene. Il peccato non è più inevitabile motivo di tormento della coscienza, né le passioni vengono più viste come la causa della dannazione eterna.
La selva orrida e selvaggia di ascendenza dantesca, diventa un bosco nel quale comincia a filtrare una nuova, intensa, luce.
Ora la selva assume un significato diverso. Lo smarrirsi in essa non rappresenta più l’idea di peccato ma la mancanza di equilibrio dell’uomo ormai giunto alle soglie dell’età moderna. Viene a mancare la figura di un Dio creatore e ordinatore del mondo e delle sue vicissitudini.
Nella società contemporanea i boschi, le selve e le foreste rimasti sulla faccia della Terra sono divenuti il vessillo della lotta dell’umanità contro se stessa, contro le proprie distruzioni e idiozie. Un simbolo ecologico, una speranza per il futuro.
Nelle fiabe il bosco è il luogo ove ci o si smarrisce o si viene condotti perché ci si perda, ma è anche il luogo nel quale è possibile imparare verità fondamentali sull’uomo e sulla vita.
L’ha ribloggato su Tracce e Sentieri..
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